Donne del Monferrato: Camilla Faà di Bruno e i misteri nel dipinto

Categoria: Arte&cultura
Sono numerosi i misteri che ancora oggi, a distanza di quasi quattro secoli, connotano la figura di Camilla Faà, contessa di Bruno e marchesa di Mombaruzzo (Casale Monferrato,1599 – Ferrara, 1662). Un personaggio storico la cui bellezza fu prima benedizione, …
Cinzia Montagna - CINZIAMONTAGNA

Sono numerosi i misteri che ancora oggi, a distanza di quasi quattro secoli, connotano la figura di Camilla Faà, contessa di Bruno e marchesa di Mombaruzzo (Casale Monferrato,1599 – Ferrara, 1662). Un personaggio storico la cui bellezza fu prima benedizione, poi condanna: prima divenuta moglie del duca Ferdinando Gonzaga, fu in seguito costretta a ritirarsi in convento.

Prima di prendere i voti però scriverà un breve fascicolo con le sue memorie, considerato il primo esempio di autobiografia in prosa scritto da una donna italiana.

Alcuni dei misteri che la riguardano coinvolgono anche un ritratto a figura intera che attualmente si trova nel castello di Bruno, proprietà privata della famiglia Faà.

Il ritratto di Camilla Faà di Bruno e il cagnolino scomparso

All’interno del castello, una galleria ospita i ritratti degli antenati della famiglia e anche di personaggi, quali Pietro Verri e Ludovico Settala, che intrattennero rapporti con i Faà. Un’intera parete della galleria è dedicata a Camilla Faà e a Giacinto Gonzaga, il bambino nato dalla relazione fra Camilla e il Duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga.

Tra questi si trova il ritratto in oggetto: nella versione originaria un cane, nero e di piccola taglia, si trovava su un tavolino e Camilla poggiava una mano su di lui, come ha ricostruito il restauro condotto da Francesco Melli nel 2013. Sugli elementi indicati erano stati dipinti, in precedenza, drappeggi e libri in modo tale da nascondere il cane.

In questa parte del quadro, però, non erano rispettate le prospettive e gli elementi apparivano in modo confuso. Sul ritratto e le sue caratteristiche ho insistito molto nel primo libro che ho pubblicato “Nec ferro nec igne – Nel segno di Camilla”, al punto che Melli, restauratore mantovano, s’è proposto di procedere a uno studio e al relativo restauro, come poi è accaduto.

Il motivo per il quale il cane nero fu nascosto, in un’epoca imprecisata, non è noto, così come non si conoscono l’autore del dipinto né chi sia intervenuto successivamente a cancellare il cagnolino.

ritratto di camilla faa di bruno

Le ragioni della cancellazione, tra ipotesi e misteri

Allo stato attuale, non esistono documenti che indichino quando e perché il cane sia stato nascosto. La presenza di un cane da compagnia o anche da caccia è molto diffusa nella ritrattistica e anche nell’arte scultorea di ogni tempo, relativamente sia a personaggi maschili sia femminili.

Al di là della sua funzione legata alla caccia, riscontrabile già in testimonianze pittografiche rupestri di epoca protostorica, il cane simboleggia di solito la fedeltà e potrebbe essere questo il significato del cagnolino di Camilla, il cui ritratto fu probabilmente realizzato, data la foggia del suo abito “da cerimonia” e di altri elementi, in occasione delle nozze con Ferdinando, matrimonio che, come sappiamo, non era in realtà valido perché non conforme ai crismi della Chiesa.

Se questo fosse il significato, restando nel campo delle ipotesi si potrebbe pensare che il cane sia stato nascosto per cancellare il collegamento alle pseudo nozze. La vicenda, scandalosa al suo tempo, ma anche nella percezione dei secoli successivi, forse doveva essere in qualche modo nascosta.

Altre ipotetiche correlazioni con simbologie di carattere misterico, mitologico o esoterico collegate al cane nero sarebbero sicuramente affascinanti dal punto di vista della narrazione, ma non sono confortate da logica e documenti.

A indicare che il ritratto fu probabilmente realizzato in occasione delle nozze o della promessa di nozze sono la collana di perle, molto lunga e con un nodo, simboli anch’essi di fedeltà, e il fazzoletto con ricami preziosi, collegato al matrimonio in quanto simbolo di verginità.

Due libri per approfondire la storia di Camilla Faà di Bruno

Alla scoperta del ritratto e ad altri punti interrogativi riguardanti Camilla Faà ho dedicato il libretto “E’ tornato il cane – Gli enigmi di Camilla Faà”, pubblicato nel 2014 dal Circolo Culturale I Marchesi del Monferrato, a distanza di due anni dal precedente “Nec ferro nec igne – Nel segno di Camilla”, sempre edito dal Circolo, e dopo la curiosa scoperta a seguito del restauro del quadro.

Della vicenda di Camilla ho trattato anche in “Donne fuori dalla Storia – Voci di un Monferrato da scoprire”, Circolo Culturale I Marchesi del Monferrato, Alessandria, 2021. Un riferimento alla vicenda è inoltre compreso nel mio libro “Chi ha paura di Caterina? Storia vera della strega di Broni, di un mulino, di una strada e di due fate”, Primula Editore, Voghera (PV), 2016.

L’autrice

Cinzia Montagna è nata a Broni (PV) e vive fra Oltrepò Pavese e Monferrato. E’ laureata in Teoria e Storia della Storiografia – Facoltà di Lettere, Università degli Studi di Pavia. E’ giornalista professionista e collabora dal 2015 con Patrizio Roversi come coautore di programmi televisivi, con Roversi e Syusy Blady in prodotti editoriali video, con Bruno Gambarotta in eventi di carattere culturale e dal 2007 con Paolo Massobrio nell’organizzazione di “Golosaria tra i castelli del Monferrato – Rassegna di cultura e gusto”, della quale è referente per il territorio astigiano. A partire dal 2012 ha pubblicato saggi e romanzi che hanno per protagoniste figure femminili “minori”, in particolare nella Storia del Monferrato, la maggior parte editi dal Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato”.

Foto di Robertomaestri – Template:Studio Melli di Mantova