Un infernot è l’elemento che dona unicità e ricchezza culturale e territoriale al Monferrato, ed è custode a sua volta di un altro tesoro che contraddistingue e rende famoso il territorio fin da secoli, il vino del Monferrato. Insomma, possiamo azzardare che un infernot sta al Monferrato, come i mulini a vento stanno all’Olanda!
Infernot è un termine piemontese che indica un luogo sotterraneo con assenza di luce, costruito scavando a mano, con solitamente una cantina o dispensa. Furono realizzati per la maggior parte da contadini a partire dal XVII secolo, durante le pause invernali dell’agricoltura per poter conservare le scorte di vino. La temperatura all’interno degli infernot è effettivamente bassa, circa 16°. Questo ambiente sotterraneo e isolato favorisce la maturazione e l’invecchiamento del vino e crea uno spazio aggiuntivo all’abitazione raggiungibile attraverso strette scale che scendono nella roccia. Se immaginiamo un contadino imboccarne l’ingresso reggendo una candela, possiamo facilmente capire da cosa derivi il suo nome.
Cosa contraddistingue un infernot?
Un infernot, per meritare tale definizione, deve essere realizzato in “scavo” cioè con l’asporto dell’arenaria, senza avere pareti, volte o soffitti. Inoltre, non deve avere aperture con l’esterno se non l’ingresso, che non è necessariamente collocato in cantina o in altri ambienti interrati.
Gli infernot del Monferrato, sono stati classificati patrimonio dell’UNESCO nel 2014 e sono oggi inseriti in un circuito di 14 borghi situati tra le province di Asti e Alessandria.
Tipologie di infernot
Esistono diverse tipologie di infernot: monocamera, multicamera o a corridoio con finiture differenti. Alcuni presentano ancora visibili i colpi del piccone con cui sono stati scavati, a testimoniare che quell’ambiente doveva essere un luogo molto spartano, destinato alla conservazione del vino e delle provviste e non visibile dai visitatori. Altri invece sono stati levigati oppure, più banalmente, seguono le fratture naturali delle rocce del sottosuolo. Anche la disposizione delle bottiglie dipendeva dalla tipologia dell’infernot. Infatti, alcune potevano essere disposte all’interno di nicchie scavate nella roccia, su gradinate o su davanzali che vengono definiti tecnicamente “piani continui”. Alcuni alloggiamenti sono impreziositi da decorazioni, altri addirittura hanno un tavolo scavato nella pietra.
La Pietra da Cantoni
La caratteristica principale che accomuna questi luoghi molto particolari, è senza dubbio la presenza della pietra da Cantone, materiale con cui ciascuno veniva costruito. Essa ha la possibilità di garantire una temperatura fissa di 16 gradi. E’ la costante umidità che continua a permettere la conservazione di ciò che viene riposto in questi luoghi.
Curiosità sugli infernot
Una curiosità è che tutti gli infernot venivano decorati secondo le tradizioni e i gusti delle famiglie che li costruivano, diventando così una testimonianza vera e propria della famiglia stessa.
La più curiosa è legata alla nascita di un membro della famiglia. Quando nasceva un bambino o una bambina, veniva posta all’interno dell’infernot una bottiglia di vino che veniva aperta e bevuta solo quando o la ragazza si sposava o il ragazzo diventava membro dell’esercito.
Oltre alle decorazioni, legate al gusto personale, l’infernot era anche il luogo in cui venivano depositate le bottiglie di vino legate agli anni di nascita dei figli. Sarebbero poi state aperte solo con il matrimonio, per le ragazze, o il servizio di leva per i ragazzi. Una sorta di custode del simbolo della maturità quindi, non una semplice cantina o teca per bottiglie. Con il passare dei secoli, il significato allegorico dell’infernot si è arricchito, fino a rappresentare la testimonianza vivida della storia della famiglia che lo ha costruito. Infatti, ogni generazione poteva aggiungere un cunicolo, una nicchia, un rialzo, sempre più a fondo, rovistando nei segreti della pancia del Monferrato.